Nell’epoca barocca, quando l’arte europea era dominata da drammatici chiaroscuri e figure monumentali, un artista egiziano di nome Farid ben Mohammed stava mettendo in pratica una visione artistica completamente diversa. Il suo capolavoro, “L’Ultima Cena”, è un affascinante esempio di fusione tra le tradizioni artistiche egizie e occidentali, offrendo uno sguardo unico sulla fede cristiana attraverso l’occhio di un artista cresciuto in una cultura molto diversa.
Ben Mohammed era un uomo di contrasti: un musulmano devoto che si sentiva profondamente attratto dalla storia di Gesù Cristo. Questa dualità si riflette pienamente nella sua interpretazione dell’“Ultima Cena”. Al posto della tradizionale scena formale e ieratica, spesso utilizzata per rappresentare l’evento biblico, Ben Mohammed sceglie una composizione dinamica e inusuale. Il tavolo non è posizionato centralmente ma leggermente spostato a sinistra, creando un senso di movimento e intimità.
I discepoli, invece di essere raffigurati con espressioni solennemente religiose, appaiono come individui comuni impegnati in una vivace conversazione. Alcuni sono sorpresi, altri incuriositi, alcuni addirittura distratti, mentre Gesù Cristo, seduto al centro del tavolo, guarda lo spettatore con uno sguardo intenso e penetrante.
Il tocco di genio di Ben Mohammed risiede nell’uso magistrale della luce e del colore. I colori sono intensi, quasi vibranti, dando vita alla scena in una maniera insolita per l’epoca. Le tonalità calde dell’ocra, del rosso e del giallo creano un senso di calore e familiarità, mentre le ombre bluastre suggeriscono la presenza di qualcosa di misterioso e ineffabile.
La luce, proveniente da una finestra invisibile sulla destra, illumina i volti dei discepoli creando un effetto teatrale, sottolineando la loro individualità e mettendo in evidenza le loro espressioni.
Ben Mohammed, conoscitore profondo della cultura egizia, introduce anche elementi simbolici tipici della sua tradizione. Ad esempio, sulle pareti dello sfondo si possono notare geroglifici che narrano storie di sacrificio e redenzione, temi universali presenti sia nella religione cristiana che in quella egizia. La presenza di questi simboli aggiunge un ulteriore livello di complessità all’opera, invitando lo spettatore a riflettere sul legame tra le due culture.
Tabella comparativa:
Caratteristica | “L’Ultima Cena” di Ben Mohammed | “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci |
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Composizione | Dinamica, asimmetrica | Formale, simmetrica |
Espressioni dei discepoli | Naturali, realistiche | Solenni, ieratiche |
Uso della luce | Drammatico, teatrale | Morbido, uniforme |
Simboli | Geroglifici egizi | Simboli cristiani tradizionali |
“L’Ultima Cena” di Farid ben Mohammed è un’opera unica e affascinante che rompe gli schemi convenzionali dell’arte cristiana. La sua fusione di elementi occidentali ed egizi, la rappresentazione realistica dei discepoli e l’uso magistrale della luce e del colore creano un’esperienza visiva indimenticabile. Questa opera è una testimonianza della capacità dell’arte di superare i confini culturali e religiosi, offrendo uno sguardo nuovo e profondo su una storia universale.
Nonostante la sua bellezza ed originalità, “L’Ultima Cena” di Ben Mohammed rimane poco conosciuta al grande pubblico. Forse perché l’artista stesso, seppur geniale, era un uomo riservato, lontano dal clamore mondano. O forse perché l’opera stessa, con il suo mescolare audace di tradizioni artistiche diverse, metteva in discussione i canoni estetici del tempo, generando perplessità e incomprensione.
Oggi, “L’Ultima Cena” di Farid ben Mohammed ci invita a riflettere sulla ricchezza dell’incontro tra culture diverse e sulla capacità dell’arte di creare ponti tra mondi apparentemente lontani.